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Il processo di pace in Uganda |
25/05/2007 - Nuove ombre sul processo di pace in Nord Uganda
02/05/2007 - Ripartiti i negoziati: per il Nord Uganda la pace è ora possibile
26/04/2007 - Uganda, cessa la situazione di stallo: l'Lra torna al tavolo dei negoziati
Uganda verso la pace: la cronologia del cessate il fuoco
Il cammino per la pace nel Nord Uganda è stato lungo. Di seguito
una cronologia degli eventi dal 5 maggio al 29 agosto del 2006.
5 maggio. Il governo ugandese lancia un piano d''emergenza
per l'Uganda del nord, ponendo in risalto la questione sicurezza,
assistenza umanitaria, peace-building e riconciliazione. Il
presidente Yoweri Museveni esclude la possibilità di un negoziato
con lLRA e insiste affinché il leader dei ribelli affronti un
processo.
17 maggio. Museveni dà un ultimatum di due mesi allLRA
"per una fine pacifica del terrorismo" minacciando un
attacco congiunto di truppe ugandesi e del sud Sudan. Il Governo
annuncia che se il leader dei ribelli Joseph Kony "prende sul
serio lipotesi di un negoziato pacifico, il Governo garantirà la
sua incolumità". Durante una riunione del 13 maggio con Salva
Kiir, presidente del Sud Sudan, Museveni si dice daccordo con
lamnistia dei capi dei ribelli.
25 maggio. In un video girato il 2 maggio Kony dice di essere
pronto a terminare i combattimenti sotto la mediazione dei leader
del Sud Sudan. Kony pensa ad una delegazione condotta dal vice
presidente del Sud Sudan, Riek Machar e dichiara: "LLRA è
pronto a colloqui di pace per terminare la guerra senza luso
della forza. Stiamo combattendo per la pace, non sono un
terrorista"
2 giugno. Leader religiosi del nord Uganda invitano Interpol
ad annullare il mandato darresto contro il leader dellLRA. Gli
atti daccusa contro gli uomini dellEsercito del Signore
danneggerebbero gli sforzi per la pace, sostengono. Interpol ha
consegnato gli avvisi di garanzia della Corte penale internazionale
contro 5 comandanti dellLRA. Tra i 5 anche Kony - su cui pendono
12 capi daccusa per crimini contro lumanità e altri 21 per
crimini di guerra -, il suo delegato Vincent Otti, il comandante
Raska Lukwiya, Okot Odhiambo e Dominic Ongwen, tutti accusati di
crimini di guerra e contro lumanità, inclusi quelli di attacchi
intenzionali contro la popolazione civile.
5 giugno. Unicef avverte che nonostante il miglioramento
della sicurezza, i bambini del nord Uganda vivono ancora sotto paura
e privazioni. "Molte ragazze rapite sono affidate agli
ufficiali, in una specie di violenza istituzionale", dichiara
listituzione. "Di circa 25mila bambini (di cui 7mila
bambine) rapiti dallLRA dallinizio del conflitto, un migliaio
sono "bambine madri", rimaste in cinta durante la
prigionia"
9 giugno. Save The Children chiede al governo ugandese di
assistere le migliaia di bambini rapiti dai ribelli, "persi e
in gran parte dimenticati".
12 giugno. Gli sforzi delle autorità sud sudanesi per
mediare tra lLRA e il governo sono in una fase di stallo dopo il
rifiuto di Kampala di incontrare i leader dei ribelli accusati dalla
Corte penale internazionale nellottobre 2005. Machar continua a
lavorare per un colloquio tra le parti.
14 giugno. La Corte penale internazionale insiste:
coinvolgere lLRA nei colloqui di pace non deve impedire
larresto e la prosecuzione penale dei leader dei ribelli accusati
28 giugno. Il governo ugandese dichiara formalmente che è
stato invitato dal governo del sud Sudan a partecipare ai colloqui
con lLRA, e che invierà una delegazione tecnica per un incontro
preliminare.
7 luglio. Il procuratore capo della Corte penale
internazionale, Luis Moreno-Ocampo, insiste: Kony dovrà affrontare
il processo.
10 luglio. Il governo ugandese dichiara che potrebbe chiedere
alla Corte penale internazionale di annullare le accuse contro i 5
leader dellLRA per facilitare i colloqui di pace tra il governo e
i ribelli.
13 luglio. Machar annuncia a Juba che i colloqui di pace tra
i ribelli e il governo ugandese cominceranno il giorno dopo. A
Kampala, un alto funzionario dichiara che il governo ugandese
attenuerà il suo rifiuto iniziale ad incontrare Kony e Otti.
14 luglio. Si aprono formalmente i colloqui di pace tra il
governo ugandese e lLRA nella capitale del sud Sudan, Juba.
19 luglio. Continuano i colloqui. Il governo rifiuta un
cessate il fuoco con lLRA fino a quando non sarà firmato un
accordo di pace definitivo, dicendo che il gruppo dei ribelli già
in passato non aveva rispettato le tregue. LRA aveva chiesto la
cessazione delle ostilità durante il periodo dei colloqui.
20 luglio. Il governo inizia ad attivare un piano di
emergenza di 6 mesi per il ritorno a casa degli sfollati causati da
20 anni di guerra.
24 luglio. I colloqui sono sospesi per una settimana per
permettere le consultazioni.
2 agosto. Machar annuncia che i colloqui riprenderanno il 7
agosto, dopo aver incontrato Kony al confine tra Sudan e Repubblica
democratica del Congo.
9 agosto. I colloqui slittano dopo un disaccordo
sullannuncio di un cessate il fuoco unilaterale dellLRA il 4
agosto. I ribelli insistono che non torneranno a sedere al tavolo
delle trattative se prima il governo non ordinerà un cessate il
fuoco, ma Kampala si rifiuta
16 agosto. I funzionari annunciano che i colloqui si
riapriranno il 18 agosto. La trattativa, che doveva ripartire prima,
erano slittati dopo luccisione di Lukwiya.
21 agosto. Si riapre la negoziazione, con una discussione
sulla cessazione delle ostilità e sul disarmo dei combattenti.
26 agosto. Le due parti firmano un accordo di cessate il
fuoco in vigore dal 22 agosto. Otti ordina via radio ai suoi uomini
di deporre le armi.
29 agosto. Lesercito ugandese sospende le operazioni
contro lLRA.
25/05/2007 - Nuove ombre sul processo di pace in Nord Uganda
Nonostante il riavvio, il mese scorso a Juba le questioni che a gennaio avevano portato all'uscita dell'LRA dal tavolo negoziale rimangono ancora aperte. E le speranze di pace per la regione ugandese si allontanano di nuovo
In
esclusiva da News from Africa
JUBA
(Sudan meridionale) Molte incertezze incombono sul processo di pace
in Nord Uganda riavviato il mese scorso a Juba, nel Sudan Meridionale,
dove si sono incontrati i membri del governo ugandese e i ribelli
dell'Esercito i Liberazione del Signore (LRA). Le trattative riprese
dopo uno stallo di quattro mesi sono ancora inficiate da diffidenza
e sospetto, dal momento che, come sostengono gli osservatori, le
questioni che hanno portato alla rottura dei negoziati a gennaio non
sono state ancora affrontate adeguatamente.
Il
Gruppo per le Crisi internazionali (ICG) nel suo ultimo rapporto,
Nord Uganda: afferrare l'opportunità della pace, sostiene che
riavviare le trattative nell'attuale situazione non può che portare al
fallimento, dato che l'inviato speciale Onu in Nord Uganda, l'ex
presidente del Mozambico Joaquim Chissano, intervenuto per salvare il
processo di pace dal collasso, non ha ancora il potere necessario per
far superare la diffidenza reciproca tra le parti in causa. Nonostante
ai cinque Stati africani osservatori Kenya, Tanzania, Sud Africa,
Mozambico e Repubblica democratica del Congo si sia aggiunto il
sostegno di Stati Uniti e Gran Bretagna, importanti questioni spinose
rimangono ancora irrisolte.
Le
accuse del Tribunale penale internazionale (Icc) contro cinque membri
dell'LRA sono uno dei maggiori punti di rottura. Il mandato dell'Icc
è la nostra spina nel fianco, dichiara Godfrey Ayoo, portavoce della
delegazione dell'LRA per il processo di pace. Ayoo sottolinea che l'LRA
da sempre chiede al governo ugandese, al Consiglio di sicurezza Onu e
alla comunità internazionale di far ritirare il mandato di arresto. Ma
il governo dell'Uganda continua a ripetere che il mandato non può
essere ritirato e che la questione potrà essere riconsiderata solo dopo
la firma di un Accordo di pace comprensivo. Il problema è che il ritiro
del mandato è la condizione alla firma dellaccordo posta dal leader
dell'LRA Joseph Kony e dal suo vice Vincent Otti che minacciano gravi
conseguenze per chi dovesse dar seguito alla richiesta di arresto.
E
molto probabile che sulla questione si deciderà la riuscita o la fine
del processo di pace.
Quando
i negoziati sono ripartiti a Juba il mese scorso, il ministro
dell'Interno ugandese e capo della delegazione governativa, Ruhakana
Rugunda, ha ribadito che avendo firmato lo Statuto di Roma dell'ICC,
lUganda non ha l'autorità per sospendere o ritirare il mandato
d'arresto. La posizione del governo sull'ICC rimane molto chiara
ha dichiarato Rugunda Noi possiamo impegnarci con l'ICC solo dopo
che sia stato raggiunto un accordo di pace formale e che l'LRA abbia
accettato di sottoporsi al sistema tradizionale di giustizia Acholi, il
Mato Oput. Il processo richiederà che l'LRA riconosca i propri crimini,
faccia ammenda, chieda perdono e paghi i risarcimenti. In secondo luogo,
le vittime dovranno accettare le scuse e chiedere la riparazione del
danno. Il ministro ha aggiunto che il governo ha sempre espresso la
propria disponibilità a lavorare sia con l'LRA che con le vittime su
questa questione. L'LRA deve comprendere ha sottolineato il
ministro che la questione dell'impunità deve essere affrontata. Il
mandato non può essere ritirato, sospeso o messo da parte
altrimenti.
Il
processo di pace, che è cominciato nel luglio 2006, dovrebbe mettere
fine al conflitto ventennale che ha contrapposto in Nord Uganda le forze
governative e i ribelli dell'LRA, che hanno iniziato nel 1986 a
combattere il governo dell'allora presidente Yoweri Museveni per
rimpiazzarlo con un regime basato sui dieci comandamenti biblici.
Sebbene alcune intese siano state siglate, un accordo di pace
comprensivo resta ancora una chimera.
L'LRA
reclama tra l'altro che Chissano non mantenuto limpegno preso dopo il
rientro della delegazione al tavolo di Juba: garantire un trattamento
paritario ai delegati. Ma l'LRA sostiene che la propria delegazione è
stata trattata come paria. Purtroppo sia il mediatore che il governo
ugandese ci vedono come terroristi e non come partner paritari nei
negoziati per la pace lamenta Josephine Apira, vice-capo della
delegazione dell'LRA. Secondo l'LRA, mentre i negoziati dovrebbero
essere sottesi da uno spirito di dare e ricevere, i propri delegati sono
stati trattati con i metodi del prendere o lasciare. Un punto
centrale della controversia è il numero di delegati a cui
stato consentito di prendere parte al tavolo di Juba: per il
governo dell'Uganda erano 20, per l'LRA 15, il che poneva questi ultimi
secondo gli osservatori in una posizione di svantaggio. La
questione è aggravata dal fatto che la delegazione dell'LRA comprende
principalmente nord ugandesi della Diaspora
con poca conoscenza delle questioni da discutere. Martin Ojul,
presidente della delegazione dell'LRA ci ha confidato che la delegazione
per come attualmente è composta ha bisogno del sostegno di esperti di
risoluzione dei conflitti che li aiutino a mediare. Sfortunatamente, l'ong
panafricana Africa Peace Point, che era stata incaricata di assistere l'LRA,
è stata messa da parte al momento del riavvio dei negoziati a Juba. Un
duro colpo per l'LRA dal momento che l'organizzazione si occupa
dell'ospitalità dei suoi delegati a Nairobi sin dallo scorso anno.
L'altra
importante questione ancora aperta è l'accordo per la fine delle
ostilità, scaduto nell'agosto scorso e prorogato fino a giugno. Nessuna
delle due parti lo sta rispettando. Mentre l'LRA denuncia continui
attacchi da parte delle Forze di difesa popolari dell'Uganda (Updf) nei
punti di assembramento dei propri soldati a Ri-Kwangba e Owiny-Kibul,
nel Sudan meridionale, il governo ugandese sostiene che l'LRA commette
ancora atrocità nel nord del Paese. L'accordo spiega la vice
presidente della delegazione dellLRA Apira è stato siglato in
fretta e deve essere rivisto.
Il
governo del Sudan meridionale, intanto, non è rimasto fuori dal gioco
delle accuse e delle controaccuse. Al momento della riapertura dei
negoziati, il presidente del Sudan meridionale Gen Salva Kirr Mayardit
ha accusato l'LRA di colpire i civili sudanesi. Noi come governo del
Sudan meridionale ha dichiarato siamo preoccupati per le atrocità
che ancora vengono commesse contro la nostra gente. E' questo il prezzo
che dobbiamo pagare per aver ospitato il processo di pace?.
Un'altra
delle questioni, quella della sicurezza dei membri dell'LRA, che aveva
determinato la rottura di gennaio, non è stata ancora completamente
risolta. Nonostante era stato loro promesso che sarebbero state le
guardie presidenziali a garantire la loro protezione, i delegati dell'LRA
si sono ritrovati ad avere a che fare con i soldati dell'Esercito di
Liberazione del popolo sudanese (Spla) accusati dall'LRA di essere
spesso ubriachi e di mettersi a giocare con le armi davanti a coloro che
dovrebbero proteggere. Le preoccupazioni dei delegati dellLRA
riguardano anche la presenza di uomini armati stranieri che continuano
ad aggirarsi per il loro hotel. E sempre riguardo alla sicurezza pesano
ancora le parole pronunciate dal presidente della repubblica del Sudan
Omar Al-Bashir e dal suo vice Kiir, che durante le celebrazioni per il
secondo anniversario dell'accordo di pace, hanno invitato i civili e i
miliziani a mobilitarsi per scacciare l'LRA dal Sudan. Anche per questo
i membri della delegazione dell'LRA si sentono ancora persona non grata
in Sudan, anche perché i due leader non hanno mai smentito o fatto
ammenda per le loro dichiarazioni.
Controversa
è anche la permanenza del vicepresidente del Sudan meridionale, Riek
Machar come capo mediatore, nonostante sia stato ripetutamente accusato
di aver un atteggiamento parziale, data la sua vicinanza al governo
dell'Uganda. L'LRA ne aveva chiesto la rimozione, chiedendo che la sede
degli incontri fosse spostata da Juba a una località del Sud Africa,
dell'Italia o del Kenya. Entrambe le richieste sono state rifiutate. La
questione del luogo di incontro non è peraltro peregrina: a Juba i
colloqui si tengono in una sorta di pub e per aggiungere il danno
alla beffa in una sala piccola e poco ventilata nonostante le alte
temperature che si registrano in città.
Infine,
rimane ancora aperta la questione dei rimborsi per i delegati. Quelli
del governo ugandese sono rimasti segreti, mentre ai membri dell'LRA è
stato accordato un rimborso di 120 dollari al giorno. Gli analisti
sostengono che indennità così alte siano controproducenti per il
progresso dei negoziati dal momento che i delegati potrebbero avere
interesse a far proseguire le trattative per continuare a intascare i
soldi. D'altra parte anche gli imprenditori che traggono beneficio dallo
svolgimento dei colloqui, sono ben felici di vedere che si protraggono
nel tempo offrendo loro l'occasione per nuovi guadagni. Un uomo d'affari
keniano che ha chiesto di rimanere anonimo ha rivelato di avere fatto
molti soldi con il processo di pace e di non sperare in una sua rapida
conclusione. Tra interessi incrociati e questioni aperte, il Nord Uganda
rischia di non vedere tanto presto la pace. (da Juba Zachary Ochieng,
traduzione di Mariangela Paone)
© Copyright Redattore Sociale
02/05/2007 - Ripartiti i negoziati: per il Nord Uganda la pace è ora possibile
Dopo quattro mesi di stallo, il processo di pace è ripreso nella città sudanese di Juba. I delegati dell'Lra e del governo sudanese hanno ribadito l'impegno per il raggiungimento di un accordo in tempi brevi
In
esclusiva da News from Africa
NAIROBI
Dopo uno stallo di quattro mesi il processo di pace tra il governo
dellUganda e i ribelli dellEsercito di Resistenza del Signore è
ripartito giovedì scorso a Juba, la capitale del Sudan meridionale. I
negoziati, avviati nel luglio 2006, erano stati sospesi dopo
luscita della delegazione dellLRA preoccupata per la sicurezza
dei delegati e per latteggiamento pregiudiziale del mediatore-capo,
il vicepresidente del Sudan meridionale Riak Machar.
Ma,
dopo lintervento dellinviato speciale delle Nazioni Unite nel
Nord Uganda, Joaquim Chissano, i delegati dellLRA hanno accettato
di far ritorno al tavolo di Juba. Per sbloccare la situazione Chissano
aveva organizzato nelle scorse settimane due incontri con le
delegazioni delle parti coinvolte, gli osservatori provenienti da
Kenya, Sud Africa, Mozambico, Tanzania e Repubblica democratica del
Congo, e alcuni diplomatici dellUnione europea accreditati in
Uganda. Agli incontri ha partecipato anche long pacifista
panafricana, Africa Peace Point (App), rappresentata dal direttore
esecutivo Michael Ochieng e da padre Kizito Sesana. Ad App è stata
affidata lassistenza umanitaria dei delegati dellLRA. Un lavoro
di mediazione che si è rivelato efficace.
Parlando
durante la cerimonia inaugurale per la ripresa dei negoziati, il
generale Salva Kiir Mayardit, primo vicepresidente della Repubblica
del Sudan e presidente del Sudan meridionale, ha ringraziato gli
osservatori internazionali per il ruolo svolto nel cercare di far
ripartire le trattative. Ringrazio tutti i delegati per aver
accettato la ripresa dei colloqui ha detto il vicepresidente
sudanese . Quando come governo abbiamo iniziato questo processo, il
mondo ci ammonì di non trattare con organizzazioni terroriste come
lLRA. Ma noi abbiamo ritenuto che il dialogo fosse la sola strada
per portare la pace in Nord Uganda, considerata anche la nostra
esperienza qui in Sudan. Kiir ha inviato lLRA e il governo
ugandese a mettere da parte le loro differenze per il bene della pace
in Uganda. E esattamente quello che abbiamo fatto noi ha
aggiunto per cercare di raggiungere la pace in Sudan.
Da
parte sua Chissano ha ringraziato entrambe le parti coinvolte nelle
trattative anche per aver esteso a giugno laccordo di fine delle
ostilità scaduto lo scorso febbraio. Sono felice di vedere che le
difficoltà che avevano portato alla sospensione dei negoziati ha
detto linviato Onu siano state ora superate. Significa che
entrambe le parti sono impegnate per la pace. Chissano ha
ringraziato il presidente Kiir per aver presenziato alla cerimonia di
riapertura dei colloqui: La sua presenza dimostra limpegno del
suo governo per riportare la pace in Uganda. Non è bello stare a
guardare la casa del vicino che va in fiamme. Ma poche persone osano
darsi da fare per spegnere il fuoco. Per questo vi ringraziamo per
lospitalità che ci avete accordato.
Il
presidente della delegazione dellLRA, Martin Ojul, ha ringraziato
la comunità internazionale e gli osservatori africani per aver
evitato il collasso del processo di pace. Il nostro appello va
adesso al governo dellUganda ha detto Ojul e al capo
mediatore Mazhar affinché ci assicurino un trattamento paritario nei
negoziati. Noi dellLRA crediamo che la pace sia la sola opzione per
il Nord Uganda.
Il
ministro ugandese per gli Affari interni e capo della delegazione
governativa, Ruhakana Rugunda, ha riaffermato limpegno del governo
dellUganda per il raggiungimento della pace: Il popolo ugandese
attende questo accordo da oltre nove mesi. Sono sicuro che possiamo
risolvere rapidamente le questioni ancora aperte. Chiedo ai membri
dellLRA di firmare laccordo e sentirsi liberi di far ritorno a
casa. Lobiettivo è mettere fine a una guerra ventennale che in
Nord Uganda ha causato morte, distruzione e migliaia di profughi. (Zachary
Ochieng Traduzione di Mariangela Paone)
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26/04/2007 - Uganda, cessa la situazione di stallo: l'Lra torna al tavolo dei negoziati
Ripartono a Juba, nel Sudan meridionale, le trattative del processo di pace per il Nord Uganda. Dopo mesi, governo ugandese e ribelli dell'Lra hanno trovato un'intesa per riaprire il dialogo, grazie all'intervento di Onu e Unione africana
In
esclusiva da News from Africa
NAIROBI
Il processo di pace in Uganda che sembrava essersi fermato a un
punto morto, è ripartito grazie allintervento delle Nazioni
Unite e dellUnione Africana. Le trattative riprendono oggi a Juba,
la capitale regionale del Sudan meridionale. Un risultato raggiunto
grazie alla mediazione dellinviato speciale Onu in Nord Uganda ed
ex presidente mozambicano, Joaquim Chissano, che tra marzo e aprile
ha incontrato entrambe le parti coinvolte e gli osservatori
provenienti da Sud Africa, Tanzania, Mozambico e Repubblica
democratica del Congo (RDC), a Ri-Kwamgba, lungo il confine tra
Sudan e RDC, per cercare di superare lo stallo che aveva portato
lEsercito di resistenza del Signore (LRA) a abbandonare il tavolo
negoziale. Per un ritorno alle trattative lLRA aveva avanzato 28
richieste. Fondamentale per sbloccare la situazione è stato
lincontro che si è svolto lo scorso 13 aprile, tra Chissano, una
delegazione dellLra, guidata da Joseph Kony, e una del governo
dellUganda guidata dal ministro dellInterno Ruhakna Rugunda.
Allincontro hanno partecipato anche il vicepresidente del governo
del Sudan meridionale Riek Machar, in veste di mediatore-capo nel
processo di pace, vari leader religiosi provenienti dal Nord Uganda,
il leader del partito Official Opposition al parlamento ugandese
e il gruppo parlamentare Acholi.
Secondo
Godfrey Ayoo, portavoce della delegazione dellLRA, lultimo
incontro, un seguito dei precedenti due organizzati il mese scorso,
è servito ad affrontare le preoccupazioni che hanno spinto lLRA
ad abbandonare il negoziato e a trovare un modo per riportarli a
Juba. Allordine del giorno cè stato anche il rinnovo
dellaccordo per la fine delle ostilità, siglato lo scorso anno e
ora scaduto. Ayoo ha spiegato che Kony ha riaffermato il suo impegno
per la pace. Ha detto che è il governo a non esserlo ha
sottolineato il portavoce Per dimostrare il nostro impegno,
lintero commando dellLRA, incluso Kony e il suo vice Vincent
Otti, erano vestiti in abiti civili. E la dimostrazione della
nostra volontà di passare da uno stile di vita da guerriglia a uno
civile.
Dopo
la svolta del 13 aprile, è dunque rinata la speranza che il Nord
Uganda possa trovare una strada verso la pace dopo ventanni di
guerra sanguinosa, che ha visto i ribelli dellLRA contro il
governo di Yoweri Museveni e ha causato decine di migliaia di morti
e 2 milioni di profughi.
Allincontro
di oggi linviato Onu Chissano siederà al tavolo come
osservatore, per intervenire in caso di problemi. La ripresa dei
negoziati, in quella che si potrebbe definire una situazione
positiva per entrambe le parti coinvolte, è stata resa possibile da
alcune concessioni fatte allLRA, soprattutto sul piano della
sicurezza che era stato il motivo per cui i ribelli avevano
abbandonato il tavolo delle trattative (LRAS non è riuscita invece
a far sostituire Machar come mediatore-capo).
La
tensione era salita al culmine durante le celebrazioni del secondo
anniversario dellaccordo di pace, lo scorso 9 gennaio. In
quelloccasione il presidente Omar al-Bashir e il suo vice, Salva
Kiir, avevano dichiarato i membri dellLRA persona non grata. Kiir
lo avrebbe ripetuto anche il giorno dopo e il 22 gennaio, anche dopo
che la delegazione dellLRA aveva ricevuto una lettera da parte di
Machar con linvito a ritornare ai negoziati. Kiir e il
governatore dellEquatoria Orientale avevano inoltre rivolto
richiamato i civili e i gruppi militari del Sudan meridionale a
prendere in mano le armi e a liberarsi dei Tong Tong (un termine
dispregiativo utilizzato per indicare i membri dellLRA) dal
territorio sudanese. Dichiarazioni apertamente appoggiate dal
governo, che in una nota ufficiale del 13 marzo le definiva
corrette. Per questo ha spiegato Ayoo in quelle
circostanze lLRA non aveva altra scelta che uscire dal tavolo
negoziale.
LLRA
aveva anche denunciato i ripetuti attacchi subiti ai campi di
assembramento di Owiny-Kibul e Ri-Kwangba, nel Sudan meridionale da
parte degli oltre 25mila soldati dellesercito ugandese,
chiedendone il ritiro. Ma il governo ha ribadito che le truppe si
trovano di stanza in quellarea in base a un accordo con il
governo della Repubblica del Sudan e il governo del Sudan
meridionale. Il loro dispiegamento non può essere messo in
discussione nelle trattative tra il governo e lLra, ribadiva a
tal proposito il comunicato governativo del 13 marzo.
Secondo
le nuove intese raggiunte nelle ultime settimane, ai soldati dellLRA
che si trovano nellEquatoria orientale è stato consentito di
spostarsi per raggiungere il campo di assembramento di Ri-Kwangba,
nellEquatoria occidentale. Per il trasferimento sono state
concesse sei settimane di tempo, durante le quali il governo
ugandese e del Sudan meridionale dovranno garantire il passaggio
sicuro dei miliziani.
Denunciando
la mancanza di sicurezza, lLRA aveva anche lamentato che
sconosciuti uomini armati avevano in passato fatto irruzione nel
loro hotel a Juba e che i soldati dellEsercito di liberazione del
popolo sudanese, che avrebbero dovuto proteggerli, bevevano sempre
tirandosi le armi lun laltro di tanto in tanto. Per questo il
governo del Sudan meridionale, il governo ugandese, lOnu, la
comunità dei donatori e i ribelli si sono accordati sul fatto che
saranno ora le guardie del vicepresidente del Sudan meridionale a
scortare i membri della delegazione dellLRA. I problemi di
sicurezza saranno inoltre dora in poi riferiti a un gruppo di
dieci soldati provenienti da paesi amici che assistono al processo
di pace. Il compito di proteggere il segretariato per la pace sarà
affidato a una compagnia di sicurezza privata nominata dallOnu, e
non più al governo del Sudan meridionale.
Durante
lincontro del 13 è stata anche affrontata la questione delle
indennità per i membri della delegazione dellLra, che avevano
chiesto un aumento da 70 a 300 dollari. Sono riusciti solo ad
ottenere un aumento del 50 per cento per provvedere alle ordinazioni
del vitto. Daltro canto è stato loro chiesto di ridurre il
numero di delegati che partecipano ai negoziati. Ci si è inoltre
accordati sul fatto che lAfrica Peace Point (App), una
organizzazione pacifista panafricana sia coinvolta nelle trattative,
assumendo un ruolo attivo nel facilitare il processo di pace,
fornendo assistenza umanitaria direttamente allLRA. Secondo Ayoo,
si tratta di uno sviluppo significativo, dato che è la prima volta
che a una organizzazione pacifista viene consentito di trattare
direttamente con lLra.
Un
altro mediatore riconosciuto è long internazionale Pax Christi.
Agli incontri parteciperanno inoltre i governi di cinque stati
africani, Kenya, Sud Africa, Tanzania, Repubblica democratica del
Congo e Mozambico, che si faranno garanti di ogni accordo che
dovesse emergere dalle trattative. Abbiamo dunque accettato di
tornare al tavolo delle trattative. Tutto quello che vogliamo è un
impegno scritto da parte di tutti, ha spiegato Ayoo.
Ma
anche se oggi si riapre il tavolo negoziale a Juba, rimangono
diffidenze e sospetti. Soprattutto riguardo alla questione del
mandato di arresto che la Corte penale internazionale (ICC) ha
emesso contro i vertici dellLRA. Il mandato dellICC è il
principale ostacolo al processo di pace ha ribadito Ayoo
Abbiamo chiesto ripetutamente al governo, al consiglio di sicurezza
Onu e alla comunità internazionale di ritirarlo. Tuttavia il
governo insiste nel dire che il mandato potrà essere ritirati solo
dopo la firma dellaccordo di pace. Secondo Ayoo, i vertici
dellLRA sono pronti a uscire allo scoperto e a siglare un accordo
di pace solo se il mandato di arresto sarà ritirato.
LLRA dice di essere venuto in possesso di una copia delle tesi del procuratore capo dellICC Moreno Ocampo, alla camera di giudizio del 6 ottobre 2006, in cui si dice che Kiir avrebbe enfatizzato pubblicamente linteresse del governo nel cercare mezzi pacifici per mettere fuori servizio lLRA prima dellattuazione dellordine dellICC. Citando il caso dellex presidente liberiano Charles Taylor, Ayoo ha sottolineato che potrebbe trattarsi di una trappola per trarre in inganno i suoi capi, e condurli alla ICC. (di Zachary Ochieng, traduzione di Mariangela Paone)
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10/10/2006 - Uganda, l'incubo di Karamoja
Nella regione nord-orientale del paese, la fuga dei soldati del vecchio regime ha lasciato ampia disponibilità di armi abbandonate. E gli uomini le usano per rubare gli animali che serviranno come dote per il matrimonio
NAIROBI - La caduta del crudele dittatore Idi Amin ha dato
inizio a una nuova era per l'Uganda. Sfortunatamente per la
regione nord-orientale del Karamoja ha segnato l'avvio dell'era
delle armi. I soldati in fuga hanno abbandonato il loro arsenale
di armi automatiche e i locali pastori Karamojong hanno
rapidamente imparato che i Kalashnikov sono più efficaci delle
lance. I saccheggi di bestiame non sarebbero stati più gli stessi
da quel momento.
Il risultato è stato morte, fame e insicurezza paralizzante, sia
per il Karamoja, la regione più povera del paese, sia per le zone
circostanti, preda dei saccheggiatori. Il governo ha promesso di
disarmare i guerrieri ma i critici sostengono che la tattica della
mano pesante e i diffusi abusi dei diritti umani hanno alienato il
consenso delle comunità e hanno fallito nel tentativo di
affrontare le cause dell'insicurezza. I militari insistono col
sostenere che dove il disarmo volontario non funziona occorre
usare la forza.
All'ombra di un albero di mango nei pressi del confine con il
Kenya, gli anziani della tribù Pokot concordano sul fatto che le
razzie devono essere relegate al passato. Uno a uno, gli ex
guerrieri prendono parola nel corso di un workshop sul disarmo
promosso dall'International Relief Committee (IRC). Ciascuno
spiega come la cultura delle razzie abbia fatto regredire la
regione.
"Il mondo ha perso il proprio asse qui in Karamoja e lo ha
fatto a causa delle armi" dichiara un uomo di mezza età
avvolto nella shuka (una sorta di mantello, ndt) a scacchi rossi,
vestimento tradizionale sia dei Karamojong che delle tribù
minoritarie dei Pokot.
"Quando partecipi a un saccheggio sai che tu o uno dei tuoi
amici potreste morire - dichiara Lomoto Lochuman, un uomo di 37
anni - solo dopo per un momento ti rendi conto che causa solo
dolore e non profitto".
"La mia generazione vuole la pace - dice un altro veterano
che ha messo da parte il suo AK-47 (nome tecnico del Kalashnikov,
ndt) - ma non dipende da noi, dipende da quei ragazzi seduti lì
sotto l'albero". E questi ragazzi non dicono molto, non sotto
l'ombra dell'albero in ogni caso. Devono ancora sposarsi e
stabilire la loro posizione all'interno della società e l'unico
modo che hanno per farlo è possedere bestiame. La dote per la
sposa è stata tradizionalmente la spinta al saccheggio in una
società dove una moglie può costare 100 vacche. Un Karamojong
che fallisce nel produrre la dote promessa può perder la propria
moglie e i propri figli a beneficio di un altro uomo. Le donne
tradizionalmente cantano canzoni che inneggiano ai saccheggi e
deridono il marito che non ha saputo accaparrarsi il bestiame
definendolo un mezz'uomo. I giovani guerrieri desiderano ottenere
i segni del bottino tribale e il rispetto conquistato grazie a
temerari saccheggi, come hanno fatto i loro padri.
"Si saccheggia per ottenere prestigio - dice Akol Risa
Anna, vice-direttore del distretto educativo di Nakapiripirit - se
lo fai per il matrimonio o il commercio sei considerato un forte
guerriero".
E l'aumento dei furti è per il mercato. Nel passato i saccheggi
sarebbero stati sanzionati dai più anziani e avrebbero colpito un
altro clan o un'altra tribù. Ora la composizione delle bande è
spesso trasversale e non c'è riguardo per i codici di condotta
tradizionali, come il rispetto delle donne, dei bambini e degli
anziani. I saccheggiatori moderni lottano, uccidono e vendono il
loro bottino al mercato, in posti lontani come Jinja e Kampala.
Nelle aree vicine la vita quotidiana è stata pesantemente colpita
e i Karamojong sono diventati sinonimo di violenza terrificante.
Oltre 90mila persone nella regione di Teso, per esempio, sono
state costrette a cercare protezione dai saccheggiatori in campi
squallidi e insalubri.
Il portavoce dell'esercito, il maggiore Felix Kulayigye, ha
dichiarato: "Lo stato non può stare a guardare mentre i
saccheggi continuano. Dobbiamo fare qualcosa. La cosa dipende
dalla mancanza di cooperazione da parte degli stessi guerrieri.
Nel 2002, il presidente è venuto in Karamoja ha chiesto la resa
delle armi e l'avvio dello sviluppo. Nel 2004 è ritornato per
lanciare un programma di disarmo volontario. Ma due anni dopo sono
state consegnate solo 600 armi e i saccheggi continuano. Il
disarmo volontario non ha funzionato".
La soluzione dell'esercito prevede operazioni di "ricerca
e isolamento". I soldati circondano un accampamento fino a
che le armi non vengono consegnate. Ma può essere una soluzione
molto amara. Negli ultimi mesi un ragazzo di 19 anni, a Moroto, è
stato colpito ai testicoli; una quindicenne, a Kotido, è stata
uccisa insieme ad altre tre persone; a Nakapiripirit, secondo
quanto riferiscono i media ugandesi, un'anziana signora è stata
uccisa e quattro donne probabilmente rapite.
Il maggiore Kulayigye insiste nel dire che dove ci sono prove di
illeciti da parte dei soldati, questi devono essere perseguiti. Ma
secondo i critici il problema non sono pochi giovani soldati teste
calde ma la strategia dell'esercito in generale. Le Nazioni Unite
hanno lanciato appello per il ritorno ai metodi più cauti fissati
nel programma di sviluppo e disarmo siglato nel 2005. Ma
l'esercito ha trovato un alleato inatteso, la Commissione ugandese
per i diritti umani. Nathan Byamukama, membro della Commissione,
sostiene che è arrivato il momento di riconoscere la situazione
particolare che c'è in Karamoja. "La più grande violazione
dei diritti umani nella regione è il saccheggio", ha
dichiarato.
"Se vogliamo essere legalisti - ha aggiunto parlando degli
arresti arbitrari - c'è qualcosa che non va. Gli arrestati
dovrebbero essere condotti dinanzi alla corte in 48 ore ma non ci
sono tribunali in Karamoja. E anche quando ci fosse un tribunale,
i Karamojong costringerebbero il magistrato a fuggire a pegno
della vita. Se non c'è rispetto per la legge, allora il governo
deve cercare altre soluzioni".
Può il disarmo da solo portare la pace quando il conveniente
mercato delle armi del Sudan è facilmente accessibile? Coloro che
giudicano troppo semplicistico l'approccio del governo, sostengono
che sarebbe meglio affrontare le cause che stanno alla base dei
saccheggi anziché concentrarsi sul sequestro delle armi.
"Stanno soltanto lottando con le armi", dichiara il
membro di un'agenzia specializzata nelle violazioni dei diritti
umani, che ha chiesto di restare anonimo. "Pensano di poter
ottenere ogni cosa militarmente - dice - ma dovrebbero mettersi
nei panni dei Karamojong e chiedere loro perché hanno bisogno
delle armi".
Intanto i vecchi della tribù Pokot continuano a ripetere di aver
paura di essere senza protezione la prossima volta che arriveranno
i predoni. (Traduzione di Mariangela Paone)
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05/09/2006 - Regge la tregua nel nord Uganda
Chi disarmerà i combattenti? E chi farà giustizia? Una delle principali sfide sarà ricucire le ferite fisiche e psicologiche dei minori. Più di 30mila i bambini rapiti durante il conflitto: i ragazzi sono usati come pony, le ragazze stuprate
NAIROBI - E' finita la guerra in Uganda. Nel nord del Paese
regge il cessate il fuoco raggiunto il 29 agosto, dopo 20 anni
di massacri compiuti dal'Esercito di resistenza del Signore (Lra).
Tuttavia, la tregua firmata da governo e ribelli omette la
questione cruciale del disarmo dei combattenti dell'Lra, che si
stanno pacificamente spostando verso il sud Sudan. Il governo
ugandese, affiancato dai funzionari dell'Unione africana, sta
supervisionando la tregua. Vincent Otti, il secondo uomo dell'Lra,
ha chiesto alle sue milizie, attraverso un messaggio radiofonico
trasmesso da una stazione locale nel nord del Paese, di
raggrupparsi oltre il confine sudanese. Il cessate il fuoco
consentirà ai combattenti dell'Lra, oggi sparsi in piccoli
gruppi in tutta la regione settentrionale dell'Uganda, di
spostarsi in modo pacifico ai due punti di raccolta nel vicino
sud Sudan. Se un trattato di pace sarà firmato entro il 12
settembre (la data è stata fissata dal presidente ugandese
Yoweri Museveni) la formazione dei ribelli sarà demolita e gli
uomini potranno ritornare nelle proprie case.
Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha definito il
cessate il fuoco "un passo nella giusta direzione". La
sua cautela è fondata. I precedenti colloqui di pace sono
infatti stati vani e i cessate il fuoco violati da entrambe le
parti in conflitto. L'Esercito di liberazione del Signore ha
usato i precedenti colloqui come un'opportunità per riunirsi,
l'esercito governativo ne ha invece approfittato per bombardare
aree precedentemente dichiarate sicure. Ma stavolta c'è un
elemento di discontinuità. I colloqui saranno infatti mediati
da una terza parte, il governo del sud Sudan, nella persona del
suo vice presidente Riek Machar.
L'annuncio del cessate il fuoco lascia sul tavolo grandi
questioni. Secondo le ong una delle principali sfide del
dopoguerra sarà ricucire le ferite fisiche e psicologiche di
bambini e bambine rapiti, stuprati, picchiati, e obbligati a
commettere atrocità in una guerra di cui difficilmente potevano
capire il motivo. "Alcuni dei bambini usciti dalla foresta
affrontano la stigmatizzazione; sono accusati di essere la causa
dei problemi della guerra", dice Sam Kilara, coordinatore
di World Vision a Gulu. "Le madri dei bambini sono state
rifiutate dai loro genitori, sono viste come la vergogna delle
loro famiglie", aggiunge Kilara, che per il supporto dei
bambini colpiti dalla guerra dice: "servono più risorse.
"Le sfide del dopo guerra saranno più difficili della
stessa guerra", ha detto il ministro Francis Musa Ecweru.
Sperando che il conflitto possa presto giungere ad una fine, il
Governo ha preparato un piano di emergenza per facilitare il
ritorno degli sfollati nei loro villaggi dove poter riprendere a
vivere come contadini, ha detto il ministro. Il piano prevede da
un lato lo spostamento delle persone dai grandi campi profughi
in accampamenti più piccoli, vicino ai villaggi, prima che
possano tornare alle proprie case, e dall'altro di aiutare
quelli sono già tornati alla propria dimora. A luglio,
l'ufficio dell'Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha)
ha espresso preoccupazione sullo stato dei campi di transito
nella regione di Acholi, privi di acqua e servizi igienici.
"La maggior parte degli accampamenti non hanno coperto le
latrine per mancanza dei mezzi, sebbene specifiche aree siano
state designate per la loro locazione", recita il rapporto
Ocha sui movimenti delle popolazioni nelle regioni di Acholi,
Lango Teso. Per rendere disponibile agli sfollati l'acqua
potabile, il governo, con l'assistenza dei donatori, ha
progettato di riaprire i pozzi trivellati e scavarne di nuovi.
Il governo tedesco ha già donato 3,5milioni di dollari per il
piano, secondo Ecweru.
Il leader dell'Lra, Joseph Kony è stato l'uomo più
ricercato in Africa, da quando lo scorso Ottobre insieme a 4 dei
suoi comandanti venne condannato dalla Corte penale
internazionale. Contro di lui pendono 33 capi di accusa, tra cui
riduzione in schiavitù sessuale, strupro, e arruolamento di
bambini soldato. Nelle scorse settimane, Kony ha rilasciato
diverse interviste negando quelle atrocità, ma le truppe
dell'esercito di liberazione del Signore sono piene di banditi
adolescenti e Kony ha lungamente utilizzato i rapimenti come
metodo di reclutamento . Si stima che più di 30mila bambini
siano stati rapiti durante il conflitto. I ragazzi sono usati
come pony, le ragazze stuprate. I bambini che temevano di essere
rapiti dai ribelli sono fuggiti per anni nell'Uganda
settentrionale, da un villaggio all'altro, in cerca di
protezione. Questi "abbonati della notte" sono
diventati un simbolo unico quanto odioso della guerra. Malgrado
abbia chiesto alla Corte penale internazionale di investigare
sull'Lra nel 2004, il presidente Museveni ha voltato le spalle
all'organismo internazionale offrendo a Kony a agli altri
indagati un'amnistia come contropartita della fine delle ostilità.
E questo nonostante l'obbligo legale per Museveni di consegnare
alla giustizia gli uomini ricercati. Molti ugandesi,
specialmente nel nord del Paese, sostengono che un processo
davanti ad una corte europea non sia l'unica forma di giustizia
legittimata, e che anche le cerimonie tradizionali potrebbero
essere usate. Riferendosi al rituale del "mato oput",
una cerimonia in cui le parti opposte sono riunite, il direttore
della delegazione governativa per la pace, il ministro
dell'interno Ruhakana Rugunda, ha detto: "Con un accordo di
pace lavoreremo per convincere la Corte penale internazionale e
la Comunità internazionale. Mi preoccupa l'impunità ma nel
nostro Paese abbiamo un sistema alternativo e libero di
giustizia che ha funzionato per secoli attraverso la risoluzione
del conflitto e la riconciliazione".
Dopo anni di scontri armati per schiacciare l'insurrezione
militare, probabilmente dietro all'improvvisa compiacenza di
Museveni non si nasconde necessariamente un sentimento di
benevolenza. Durante il conflitto, gli attivisti per i diritti
dell'uomo hanno ripetutamente accusato l'esercito Ugandese di
abusi e sporchi affari. L'idea che gli avvocati di Kony rivelino
in un'aula di tribunale sconcertanti verità sulle operazioni
dei militari non piace al Governo.
Ma per i cittaidni del nord del Paese, esausti dopo anni di
guerra, la priorità per riprendere possesso delle proprie vite
è la pace. Per aiutarli, il primo ministro ugandese, Apolo
Nsibambi, ha destinato un fondo di 340milioni di dollari alla
ricostruzione delle Regioni dove 1,7 milioni di persone sono
sfollate dalle loro case in accampamenti malsani. Un netto
cambiamento, se si considera che per la prima volta il governo
investe nella ricostruzione del nord, anzichè finanziare la
guerra che quelle Regioni ha insanguinato. (Traduzione di
Gabriele Del Grande)
Accordo bilaterale per la cessazione delle ostilità tra il
Governo Ugandese e la Lord Resistance Army.
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01/09/2006 - Le comunicazioni sociali e l'Aids
Secondo uno studio del Cadre, sono soprattutto i rapporti personali e i network sociali a poter modificare la condotta della popolazione. Il 19,7% dei giovani che conoscono un malato di Aids ha infatti iniziato ad usare il condom
NAIROBI - Uno studio recente rivela che il tasso di diffusione dell'Hiv/Aids in Uganda è diminuito significativamente tra la fine del 1980 e la metà del 1990, grazie alla modifica dei comportamenti favorita dalle comunicazioni sociali. Secondo la ricerca "Le comunicazioni sociali e l'Aids. La modifica dei comportamenti in Uganda raffrontata con altre regioni" di Daniel Low Beer e Rand L.Stoneburner (del compartimento per la Valutazione della Salute delle popolazioni dell'Università di Cambridge), la stessa tendenza non si riscontrava nelle regioni confinanti con l'Uganda, affette da un elevato tasso di Hiv.
Pubblicato dal CADRE (Center for Aids
Development, Research
and Education), questo studio osserva l'impatto delle
comunicazioni sociali sulle modifiche comportamentali e la
diminuzione del tasso di Hiv in Uganda. Gli autori ipotizzano
che l´informazione sull'Hiv abbia avuto un impatto positivo
sulle abitudini della popolazione. Sono stati messi a
confronto i dati relativi all'Uganda con quelli delle regioni
confinanti (Kenya, Malati, Sud Africa, Tanzania, Zambia e
Zimbawe) per capire le ragioni dell'influenza dei
comportamenti sul contagio.
Le due principali fonti di dati, che mettono a confronto la
consistenza demografica ed il tasso di incidenza dell'HIV e si
riferiscono a uomini e donne in Uganda ed in altre sei regioni
sub-sahariane, sono state raccolte rispettivamente da
osservatori del DHS (Demographic and Health) e del KAPB (Knowledge,
Attitudes and Behaviour). Gli autori hanno riscontrato un'alta
compatibilità tra i soggetti esaminati, sebbene la ricerca
fosse stata condotta in tempi e luoghi diversi attraverso le
varie regioni e l'esame dei questionari tenesse conto delle
diverse realtà nazionali. Per di più, lo studio evidenziava
i dati registrati in Uganda dagli osservatori del KAPB e li
integrava con quelli raccolti nelle sei regioni dagli
osservatori di DHS e KAPB.
Ciascuna delle sei regioni attua programmi di sensibilizzazione e di informazione sulla sanità pubblica e sull'Aids. Gli osservatori hanno raccolto dati su: grado di conoscenza dell'AIDS, canali d´informazione per imparare a conoscere la sindrome, personale valutazione del rischio, abitudini sessuali pregresse e modifica dei comportamenti a seconda di età, sesso e luogo. I canali di comunicazione per acquisire conoscenze sull'AIDS sono stati suddivisi in tre gruppi: mass- media (radio, TV, giornali, opuscoli), istituzioni (religiose, scolastiche, sanitarie), personali (amici/parenti, comunità, luoghi di lavoro). Stando alle conclusioni, l'Uganda si distingue sugli altri campioni esaminati per quanto riguarda la comunicazione in materia di Aids.
In Uganda infatti l'82% delle donne ha sentito parlare di Aids da network privati, rispetto al 40-65% delle altre regioni. Un altro elemento di comunicazione, la conoscenza personale di qualcuno malato di Aids o morto per il contagio, rappresenta un campione significativo in Uganda. Qui il 91,5% degli uomini e l'86,4% delle donne conosce qualcuno malato o morto di Aids, rispetto al 68-71% dello Zambia, Kenya e Malawi, e meno del 50% di Tanzania, Zimbawe e Sud Africa, nonostante il più alto tasso di infezione di queste ultime regioni (eccetto la Tanzania).
Gli autori sostengono dunque che in Uganda la comunicazione orizzontale attraverso i network sociali sull'infezione da Hiv e le morti per Aids abbia avuto effetti preventivi e deterrenti nella trasmissione dell'infezione, e dissuasivi verso contatti sessuali pericolosi: il 19,7% dei giovani d'età compresa tra i 15 ed il 24 anni che conoscono qualcuno malato di Aids ha infatti iniziato ad usare il condom, contro il 4,9% di coloro che non conoscono nessun malato. Una simile differenza circa le precauzioni verso l'Aids è presente anche tra uomini più anziani.
Secondo lo studio, la comunicazione sociale sui problemi
dell'Aids deve superare però le barriere dell'età e del
sesso. Conoscere qualcuno con l'Aids è molto meno frequente
tra adolescenti di 15-19 anni piuttosto che tra gli adulti di
20-54 anni, in tutte le altre regioni tranne che in Uganda. Il
divario tra i due gruppi d'età era di soli 2 punti
percentuali in Uganda, mentre nelle altre 5 regioni (non è
disponibile il dato del Sud Africa) la differenza si aggira
sui 17-27 punti percentuali.
In Uganda le barriere del sesso sono ancora molto importanti
nella comunicazione sull'Aids tra le coppie. Gli uomini
percepiscono di essere esposti ad un basso rischio di
infezione almeno quattro volte di più delle donne, che
sentono invece il rischio molto più elevato.
Gli autori ritengono dunque che non siano gli individui o le associazioni, ma le comunicazioni sociali che potrebbero svolgere a livello comunitario un ruolo significativo nell'influenzare le norme comportamentali: un soddisfacente livello di comunicazioni sociali orizzontali, come quello riscontrato in Uganda, permetterebbe infatti alla maggior parte delle persone di conoscere in tempo qualcuno contagiato dall'Aids, invece di essere informata sul tasso di infezione da Hiv. Al contrario, se la comunicazione sociale è limitata, i soggetti affetti da AIDS potrebbero non venire a conoscenza dell'altissima diffusione e mortalità per Hiv. In quest'ultimo caso, l'incidenza delle comunicazioni sociali sui comportamenti sarebbe molto meno significativa riguardo alla riduzione dell'infezione da Hiv, in quanto la consapevolezza dei rischi (determinata dalla conoscenza personale di soggetti con l'Aids) arriverebbe solo dopo aver conosciuto gli apici del contagio.
Sebbene non influente, gli autori fanno notare la possibile interazione tra la comunicazione verticale (interventi formali attraverso i mass media e le comunicazioni istituzionali) e la comunicazione orizzontale (personale e tramite network sociali) nella prevenzione dell'Aids. Confrontando il tempismo delle campagne sanitarie pubbliche ed i controlli volontari per l'Hiv in Uganda, gli autori ritengono che le comunicazioni verticali (commercio sociale di condoms ed incremento dell'informativa sulla salute pubblica) da sole non potrebbero aver influenzato il cambiamento comportamentale riscontrato; una spiegazione più plausibile sembra essere che le comunicazioni verticali ed orizzontali, operando congiuntamente, hanno reso la popolazione dell'Uganda più ricettiva nei confronti delle campagne sanitarie pubbliche.
Il libro di Edward Green "Ripensando la prevenzione dall'Aids" invoca un paradigma che sposti l'attenzione per il condom verso un atteggiamento definito PBC (Primari Behaviour Ch'ange), che includa fedeltà, riduzione dei partners e rinvio dell'esordio dei rapporti sessuali. Green mostra l'evidenza di quella che considera l'inadeguatezza della campagna a favore del condom in Africa paragonata ai successi di PBC nei paesi sviluppati di tutto il mondo. L'obiettivo di questo libro è osservare la trasmissione eterosessuale dell'Hiv nei paesi sotto sviluppati e la trasmissione sessuale solo dell'Aids. Green cita diversi casi (nello Zambia, in Senegal, in Thailandia ed in Jamaica) ma si concentra essenzialmente sui successi riportati in Uganda dai programmi PBC, cui è stata assegnata la campagna governativa "zero grazing" nel 1980. Egli sostiene che per la maggior parte degli africani, il PBC sia un modo più efficace di prevenzione della malattia rispetto all'uso del condom. Asserisce inoltre che diversi studi hanno dimostratola validità del rinvio dell'esordio sessuale degli adolescenti, che diminuirebbe enormemente il numero dei partners. Quindi, sostiene Green, una vasta gamma di programmi focalizzati sul PCB ma che includano anche l'utilizzo del condom se necessario, sono disperatamente necessari.
Se la situazione evidenziata da Green è obiettiva, allora perché tanti aiuti internazionali non confluiscono in questo genere di programmi? La sua risposta è che i donatori sono poco informati, ignorano questi programmi o non vogliono crederci. Molti dei problemi che Green cita includono osservatori prevenuti, che si focalizzano sull'uso del condom a costo di trascurare altri metodi di prevenzione dall'Aids, la semplicità di monitorare l'uso del condom rispetto alla difficoltà di controllare il PBC e la scelta di programmi che si basano sull'ideologia occidentale della rivoluzione pos-sessuale. Dal punto di vista di Green, per evitare attriti con associazioni per i diritti religiosi, i donatori dimenticano che le variabili socio-culturali sono fondamentali quanto quelle mediche. E' convinto poi che l'unica strada per invertire questa tendenza ventennale sia il superamento della prevenzione verso la riduzione dei partners e verso l'astinenza, dando ascolto agli africani poiché loro, come molti americani, stanno scegliendo l'astinenza ed hanno fiducia nei condoms. (Zachary Ochieng - Traduzione di Chiara Ludovisi)
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31/08/2006 - Si riducono i ''night commuters''
Condizioni di maggiore sicurezza hanno fatto calare il numero dei ''pendolari della notte'' da 25.000 a 4.000. Ma sebbene non ci sia attualmente il rischio di rapimenti da parte dei ribelli, tanti bambini ancora trascorrono la notte nei rifugi
NAIROBI - Si è ridotto il numero di bambini che in Nord Uganda cercano ogni notte rifugio nelle città dai loro villaggi rurali per timore di essere rapiti dai ribelli, ma miglioria di ragazzi sono ancora in pericolo, secondo quanto riferiscono gli operatori sociali. Nel distretto di Gulu, dove i rapimenti di bambini da parte del Lord's Resistance Army (LRA) rappresentavano un dramma frequente, il numero dei "night commuters" (viaggiatori della notte) è sceso da 25.000 del febbraio 2004 a 4.000 di oggi, secondo i dati dell'Unicef. "I bambini che si spostano durante la notte si considerano essi stessi i più vulnerabili di Gulu", spiega Michael Copland, dell'ufficio Unicef locale. "Chiaramente non è per il timore dei rapimenti, che al momento non ci sono. E' per altri problemi, di ordine familiare o di altro tipo".
Secondo l'Unicef le conseguenze a lungo termine di 21 anni di scontri tra il governo ugandese e la LRA comprendono la distruzione della cura e della protezione verso i bambini da parte della famiglia e della comunità. Per questo migliaia di bambini hanno bisogno di sostegno, nonostante il miglioramento delle condizioni di sicurezza nella regione. La guerra ha anche portato alle famiglie povertà e incapacità di provvedere ai figli. "Nelle proprie case molti bambini sono esposti a violenze e abusi", aggiunge Copland. "Così i bambini si trasferiscono perché credono che nei rifugi ci sia una migliore qualità di vita".
Molti dei ragazzi che ancora preferiscono trascorrere la
notti nei rifugi hanno genitori uniti in seconde nozze o
provengono da famiglie molto numerose. "La soluzione -
afferma ancora Copland - non consiste nel chiudere i rifugi
in cui i bambini cercano protezione, ma nel conoscere loro e
le loro famiglie, per identificare quelli che hanno bisogno
di sostegno. Questo supporto potrebbe provenire da altri
membri della famiglia, oppure da genitori adottivi. Il
monitoraggio dei bambini e delle loro famiglie è iniziato,
ma si tratta di un lungo cammino, rallentato dalla scarsità
di personale preparato".
Rasmus Bjerngaard, responsabile del centro di accoglienza
per bambini gestito nell'ospedale di Lacor, a Gulu, da
Medici senza Frontiere, ritiene che la maggior parte dei
bambini che decidono di trascorrere qui la notte non
sarebbero mai capaci di integrarsi in una famiglia e
necessitano quindi di sostegno a lungo termine. "Il
cosiddetto pendolarismo notturno è sintomo di una
situazione più complessa, in cui le strutture sociali,
culturali e familiari sono distrutte, anche se le condizioni
di sicurezza sembrano migliorare, non ci sono ancora
strutture normali in grado di supportare questi
bambini", afferma. (Traduzione di Chiara Ludovisi)
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